Flourishing, ovvero l’arte di rifiorire e ritornare a stare bene
-“L’uomo perfetto impiega la sua mente come uno specchio: non afferra nulla; non rifiuta nulla; riceve, ma non trattiene” (Chuang-tzu). “If you’re feeling kinda sad, put a flower on your head. If you’re feeling kinda sad, put a flower in your hair or you could play an air guitar. Be a bit of who you are. Dive into the reservoir of little things to do with yourself”. È sui versi del cantante Tom Rosenthal che il termine flourishing germoglia nella mente con un significato che si avvicina all’idea di crescita personale, di rinascita, di un tornare a vivere necessario dopo anni in cui la pandemia ha segnato il modo di percepire e di sentire le cose.
Proveniente dal francese antico, flourishing è un trasformarsi, un evolversi portando l’individuo a sentirsi in armonia con l’ambiente circostante. Un termine che pertanto, entra in contrasto con quello di languishing. Definita l’emozione dominante del 2021, il languishing sembrerebbe essere vicino al concetto baudelairiano di ennui, di malinconia che alimenta un senso di estraniamento. Uno stato d’animo che sfocerebbe in uno svuotamento, in un non-essere pienamente parte della vita. Un malessere che avrebbe così generato ansie e paure, stanchezza mentale, apatia e demotivazione dovute a mesi di restrizione, a una modifica delle condizioni lavorative, alla sospensione temporanea delle attività e all’isolamento sociale. Dunque, un processo a cascata che terminerebbe con l’introduzione del prestito linguistico flourishing e con l’immagine che questo evoca di un vivere emozioni positive, di un essere coinvolti comprendendo se stessi e le proprie priorità per costruire buoni rapporti con gli altri.
Un concetto psicologico che nasce dalle ricerche degli studiosi Ryff e Keyes definendolo un funzionamento ottimale per favorire il benessere individuale attraverso il principio edonico – in quanto “dimensione del piacere personale legato a sensazioni ed emozioni positive” – e quello eudaimonico – visto come “sviluppo e realizzazione delle potenzialità individuali e come percorso di sviluppo verso l’integrazione con il mondo circostante”. Un equilibrio emotivo che socraticamente parlando permetterebbe di entrare in contatto con il proprio modo di essere, o daimon, raggiungendo una consapevolezza del sentire che conduce l’individuo a essere presente e all’auto interrogarsi, faro di un concetto che, da un punto di vista linguistico, resta una chimera, non definibile, ma che trova il suo senso nella idea stessa di divenire.
Il flourishing in quanto stato mentale di fioritura emotiva si lega al concetto di benessere che Ryff and Keyes (1995) ben definiscono all’interno del seguente modello: accettazione di sé, autonomia, padronanza ambientale, relazioni positive, scopo nella vita, crescita personale. Un percorso, quello del flourishing, che prende le distanze dall’ “essere arrivati”, “finiti” ma che suggerisce un vedere le cose leggermente fuori fuoco, con la giusta distanza, e che, attraverso la motivazione e la passione, porterebbe l’individuo verso un sentirsi fluire con la vita stessa.
Passeggiare, conversare, l’impegnarsi in un progetto o in una nuova attività, il sentirsi trasportati dalla lettura di un libro, sembrerebbero essere elementi fondamentali di un interessarsi alla vita come principio che trova origine nella teoria del flow di Mihaly Csikszentmihalyi, formulata nel 1975 e pubblicata in un articolo del Journal of Humanistic Psychology, inteso come un “uno stato di coscienza in cui la persona è completamente immersa, concentrata e coinvolta in un’attività e la mente ed il corpo sono in perfetta simbiosi. In questo stato tutto scorre (appunto flusso), si è perfettamente in armonia e controllo del nostro compito con massima gratificazione e positività”. Questo permette all’individuo di essere dentro l’attività dimenticando i confini del proprio corpo e la coscienza della propria identità per potersi sentire totalmente parte di essa. Una sensazione di sradicatezza che permette di raggiungere uno stato di benessere e di felicità in cui potersi concepire liberamente in connessione con la vita. Che il flourishing possa essere l’emozione del 2022 è ciò che conduce alla speranza di un ritorno all’ascolto di sé e all’interazione sociale come più alta forma di libertà; questo in uno slancio verso l’idéal che Baudelaire definisce una “béatitude heureuse” in quanto esercizio giornaliero della volontà di vivere la vita attraverso un entusiasmo dei sensi e dell’anima.
*Dottorato in Eurolinguaggi e Terminologie Specialistiche – Università degli Studi di Napoli “Parthenope”
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