“Forze e Tazze”, l’omaggio della Reggia agli schiavi lavoratori
– La maestosità della Reggia di Caserta è il frutto del genio di Luigi Vanvitelli, ma anche dell’impiego di innumerevoli risorse, soprattutto umane, il cui contributo è servito a comporne, al meglio, qualsiasi dettaglio: sia architettonico che decorativo. Altresì, la sua definizione strutturale, intesa dal punto di vista strettamente edilizio, è stata possibile grazie all’ausilio di un migliaio di schiavi giunti al cantiere borbonico tra il 1752, anno della posa della prima pietra, ed il 1799, termine ultimo per la sistemazione del parco all’italiana.
Nonostante tali schiavi venissero in ogni modo dichiarati lavoratori, si trattava di soggetti che erano stati catturati o acquistati per lo più da capitani di marina al servizio della corona reale.
Alla stessa stregua dei pirati che veleggiavano da un capo all’altro delle coste mediterranee, sia ad est che ad ovest, alcuni di questi ufficiali della marina partenopea avevano fatto della tratta degli schiavi un vero e proprio indotto economico. Tali malcapitati, ridotti da uomini liberi a servi, avevano diversa provenienza, per la maggiore erano magrebini o musulmani. Per quanto, poi, differente fosse la loro origine erano però accomunati da un unico credo religioso: quello musulmano. Pertanto, per essere impiegati nella costruzione della Reggia, nonostante i loro servigi fossero estremamente umili e stancanti, dovevano esser convertiti alla fede cristiana. Chiaramente si trattava di una forzatura che andava così ad intaccare qualsiasi diritto umano, ma, considerati i principi politici e ideologici vigenti al tempo dell’ancien régime, era impensabile per un sovrano cattolico come Carlo di Borbone, patriarca del Real Palazzo casertano, avere al suo servizio individui che professavano un altro credo religioso.
Tanti sono stati i resoconti storici che, negli ultimi anni, hanno riportato le condizioni di vita ed i disumani trattamenti che hanno subito questi schiavi, senza dimenticare lo stato di cattività in cui versavano nel cosiddetto Ritiro d’Ercole, oggi ancora visibile in via Passionisti.
Nonostante tutto, a questi singolari e soggiogati lavoratori, vennero dedicati, dopo alcuni anni, i gruppi scultorei delle Forze e Tazze della balaustra della Fontana di Eolo nel parco.
Al riguardo, sono raffigurazioni in pietra di uomini, aventi le fattezze di schiavi, la cui forza è messa in risalto dal sollevamento di enormi conchiglie che, nel mondo cristiano, stanno a simboleggiare sacrificio e purezza allo stesso tempo. Questa brillante progettazione iconografica spetta a Vanvitelli stesso, mentre la loro esecuzione agli scultori Salomone e Violani, i quali, indipendentemente dalle tristi vicende attraversate dagli uomini raffigurati, ci hanno lasciato delle straordinarie opere d’arte che, ancora oggi, sono tra gli elementi figurativi più rappresentativi del suggestivo parco della Reggia.
Luigi Fusco – Docente di italiano e storia presso gli Istituti Superiori di Secondo Grado, già storico e critico d’arte e guida turistica regione Campania. Giornalista pubblicista e autore di diversi volumi, saggi ed articoli dedicati ai beni culturali, alla storia del territorio campano e alle arti contemporanee. Affascinato dal bello e dal singolare estetico, poiché è dal particolare che si comprende la grandezza di un’opera d’arte.
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