Halloween, le feste celtiche, il folklore. E poi divenne business
Testo di Augusto Ferraiuolo – Disegno di Giancarlo Covino “La Reggia di Halloween”
– Il grande folklorista sir James George Frazer fa derivare la festa di Halloween da quelli che chiama i “festival di fuoco” diffusi in tutta Europa, dove i giovani, in giorni particolari, quando accendevano dei falò per ballare intorno, o, per dimostrare coraggio e forza, vi si lanciavano dentro.
Questi falò erano soprattutto concentrati nel periodo quaresimale e pasquale, fino a quelli che illuminano la notte di San Giovanni, per celebrare il solstizio d’estate.
Halloween cade a metà tra equinozio e solstizio, e corrisponde alla festa che i Celti chiamavano Shamain e il suo doppio è il primo di maggio, altro giorno estremamente importante in chiave folklorica, anch’esso celebrato con l’accensione di fuochi, che nel mondo celtico corrisponde a Beltane.
Gli incendi di Samhain del primo novembre furono associati ai morti, quando i mondi materiali e immateriali durante la notte si trovano in contatto. È interessante notare come fino alla bolla di Gregorio IV, anno 835, la festa di Ognissanti (il termine “Halloween” significa “Tutti i Venerabili” o “Tutti i Santi”) veniva celebrata a maggio, ma passò a novembre, secondo Frazer, proprio a segnare una continuità con la festa celtica, diventando una cristianizzazione del festival celtico dei morti.
La caratteristica fondamentale dell’Halloween moderno è che suggerisce un soprannaturale non negativo e pauroso, ma scherzoso e divertente. I bambini, infatti, si vestono come fantasmi, streghe e vampiri senza paura che questi esseri invisibili possano essere reali o malevoli. Ovviamente non sempre questa visione è accettata, al punto che diverse sette (ad esempio gli evangelici americani) hanno tentato di proibire celebrazioni di Halloween, dicendo che sono la celebrazione (e la semplificazione) di un male che è invece reale e onnipresente.
Quello cui assistiamo in questi anni in Italia è l’importazione di una festa tradizionale, laddove però ogni tratto legato al folklore viene perso. Non c’è spazio per il trick or treat dei bambini vestiti con mille costumi diversi, e nemmeno per le caramelle regalate loro. Non c’è quindi quello spazio di socializzazione verso un sovrannaturale da esorcizzare con scherzi. Rimane, e va precisato subito che non è un giudizio di valore ma una semplice constatazione, l’involucro economico, costellato da mille party in costume in pub o discoteche. Come sempre, il folklore cambia e si reinventa.
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