La pastiera. La regina della Pasqua, sapori storia e tradizione
Maria Beatrice Crisci -Profumata di fiori d’arancio, con un cuore di grano e ricotta racchiuso in un intreccio dorato di pasta frolla, la pastiera non è solo un dolce: è un simbolo della Pasqua napoletana e un racconto di sapori, storia e tradizione che si rinnova ogni anno nelle cucine del Sud Italia.
Nata tra mito e devozione, la pastiera affonda le sue origini nella cultura contadina e religiosa, diventando con il tempo un capolavoro della pasticceria partenopea, amato in tutto il mondo. Prepararla richiede pazienza, cura e rispetto dei gesti antichi, tramandati di generazione in generazione.
Secondo la leggenda, furono le sirene a donare alla città gli ingredienti del dolce: il grano della terra, le uova simbolo di vita, l’acqua di fiori d’arancio che richiama la primavera, la ricotta per la dolcezza, e lo zucchero come promessa di gioia. Ma è nei conventi napoletani, e in particolare tra le mura del Monastero di San Gregorio Armeno, che la ricetta della pastiera prende forma nel XVI secolo, grazie all’inventiva delle suore che volevano donare alle famiglie un dolce che racchiudesse il senso della resurrezione e della rinascita.
Ogni famiglia custodisce una propria versione, ma la base resta invariata: pasta frolla, grano cotto, ricotta di pecora, uova, zucchero, scorza d’arancia e acqua di fiori d’arancio. Qualcuno aggiunge la crema pasticcera, altri il cedro candito o una spolverata di cannella: piccole varianti che raccontano storie di casa, quartiere e memoria.
Oggi la pastiera continua a rappresentare un rito collettivo, preparata nei giorni che precedono la Pasqua e consumata solo dopo aver “riposato”, come vuole la tradizione, per far sposare tutti i sapori. Non manca mai sulla tavola pasquale, accanto alle uova decorate, al casatiello e agli altri piatti della festa.
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