Napoli, ‘o munaciello guida nel sottosuolo tra teatro e storia
(Mario Caldara) – Napoli non è solo quella che si vede, la città luminosa, abbagliata da un sole cocente d’estate, bagnata dal mare, che pullula di turisti. Napoli sa anche essere altro, un mondo sconosciuto a molti, a tratti inesplorato. Un mondo che se ne sta lì, metri e metri sotto i piedi di chi vive la città, al buio, col suo fascino, ad attendere occhi curiosi.
Grazie al Museo del Sottosuolo di Napoli, l’attesa e la curiosità possono essere ripagate. Fino a maggio, per ogni fine settimana dal venerdì alla domenica, è possibile visitare parte del sottosuolo partenopeo, ma non si tratterà di una semplice visita. Quanto organizzato, infatti, è la perfetta sintesi tra cultura e storia del territorio. A Piazza Cavour, il numero 140 apre le sue “anonime” porticine, rendendo accessibile al pubblico una delle tante cavità che conducono al sottosuolo della città. E se questo significa poter intraprendere un percorso storico che parte dai greci e arriva a periodi più recenti, c’è dell’altro a rendere l’esperienza particolarmente caratteristica e – perché no – anche un po’ bizzarra. Chi si addentrerà nei meandri sotterranei, infatti, lo farà al seguito di una figura insolita, simbolo del connubio creato per l’occasione, quello tra storia e teatro.
‘O munaciello, la figura cui si alludeva, guiderà i turisti e teatralizzerà l’atmosfera, riprendendo i segni caratteriali dello storico personaggio per riproporli al pubblico. Secondo la leggenda, si tratta di uno spiritello del folklore napoletano che si mostra buono con chi lo rispetta, mentre non risparmia dispetti a chi lo maltratta. Egli farà strada tra i diversi passaggi, facendo sì che la visita si trasformi in un amalgama di divertimento, teatro e storia. E proprio quest’ultima avrà un particolare risalto: luogo utilizzato dai napoletani nella seconda guerra mondiale per mettersi in salvo dai bombardamenti, la parte di sottosuolo che sarà possibile visitare, dopo i tanti decenni trascorsi, presenta tracce del ricovero antiaereo. Tazzine, isolatori di ceramica, bottiglie di vetro, scritte sui muri tracciate con il carboncino, sarà come rivivere la quotidianità, purtroppo tragica, di quella gente segnata dall’orrore della guerra, che cercava di dare un senso a giorni strazianti e che, magari, anche se al sicuro lì sotto, in momenti particolarmente critici, con gli occhi verso l’alto, udiva in lontananza il rumore degli aerei come autentica “voce della paura”.
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