Noi, figli del deserto
(Beatrice Crisci) – Che Caserta fosse “nel profondo e permalosissimo Sud” non era dato saperlo. Anzi, si era sempre creduto che la città fosse geograficamente la porta del Meridione, il primo capoluogo che si incontra scendendo da Roma, prima di Napoli e di tutta la punta dello Stivale. Che poi la città dovesse essere ascritta a un “permalosissimo Sud” anche questo costituisce una novità, non essendo a conoscenza che la caratteristica delle persone meridionali fosse la permalosità. Ma forse l’articolista del Venerdì di Repubblica Claudia Arletti ha ragione, visto il tono stesso di questo editoriale scritto da una giornalista del Sud, tra l’altro casertana.
Il servizio in questione è stato pubblicato nel supplemento del quotidiano nazionale in data venerdì 19 agosto. L’articolo ha anche il grande merito di riportare una corretta e significativa intervista al direttore generale della Reggia di Caserta, Mauro Felicori, la persona che sta ricevendo riconoscimenti e attribuzioni di stima sia in città sia in tutta Italia, tanto da diventare un vero e proprio fenomeno nazionale in quanto a impegno e produttività. Ebbene, l’intervista, anche per i contenuti che esprime, riempie di gioia tutti, casertani compresi. Ma l’approccio alla città non è condivisibile. L’articolista Claudia Arletti usa anche un’altra espressione irriguardosa, descrivendo la Reggia, prima della venuta di Felicori, come “un castello in lenta rovina piantato in mezzo a un deserto”.
La Reggia era in cattive condizioni quando è arrivato a ottobre scorso il direttore selezionato dal ministro Dario Franceschini. Questo sì, è un dato di fatto. Ma non era “in lenta rovina”, visto che continuavano a girarci film di straordinario valore e la visita non mostrava tutto quel degrado che i media hanno insistentemente rimarcato. Poi, sul fatto che il territorio casertano sia un deserto, beh, su questo ci vorrebbe per chi scrive su testate di tale rilievo un’attenzione maggiore alla storia dei luoghi, sia quella dell’antichità sia quella contemporanea. In queste terre sorgeva Capua, l’altera Roma, giusto per fare un piccolo esempio. E se non si vuole ricorrere alle radici del territorio, una considerazione andrebbe fatta, se è questa la terra che ha generato Toni Servillo o Francecso Piccolo, o anche Edoardo De Angelis, il regista invitato alla prossima Mostra del Cinema di Venezia. Che sono? Tutti fiori che nascono nel deserto? Ma si potrebbe continuare con i nomi di Fausto Mesolella, Pietro Condorelli, Antonio Pascale, Peppe Servillo, Roberto De Francesco, Corrado Sfogli, Enrico Ianniello, Tony Laudadio e Mario Tronco. E ce ne sarebbe tanti tanti altri ancora. Tutti figli del deserto!
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