Non solo carbone (dolce), alla Befana una festa di sapori locali

Non solo carbone (dolce), alla Befana una festa di sapori locali

Claudio Sacco

– Nelle calze della Befana da un capo all’altro dell’Italia continua a imperare il carbone. Dolce, ovviamente, e per quanto possibile a base di zucchero italiano. Festa dei bambini per eccellenza (e infatti nella religione cristiana l’Epifania celebra la manifestazione della divinità di Gesù ai tre Re Magi) oltre che ai doni è dedicata ai dolci. Per i più piccoli ma anche per gli adulti. Il carbone dolce è tutto sommato una ricetta diffusasi di recente anche se affonda le sue radici nei millenni. Il carbone riporta al fuoco che si accendeva nei primi giorni di gennaio, come elemento di buon auspicio, le cui ceneri venivano sparse sul terreno per ingraziarsi il raccolto. In seguito ai bambini che avevano commesso marachelle si minacciava carbone (non dolce, quello vero) come dono portato dalla Befana. Poi, negli anni del boom economico, la trasformazione da punizione in leccornìa.

In molte zone d’Italia, però, da ben prima che si diffondesse il carbone dolce per l’Epifania si producevano dolci speciali. Una tradizione ripresa massicciamente quest’anno nel solco di un rilancio dei prodotti tipici. A rilevarlo una indagine condotta da CNA Agroalimentare tra i propri associati. A Napoli, all’Epifania si gusta la prima pastiera dell’anno. Sì, proprio la pastiera, il dolce a base di grano e crema tradizionalmente associato alla Pasqua. Ma non si tratta di un fuor d’opera. Nel calendario il 6 gennaio si festeggia, per la precisione, la Pasqua Epifania, che vuol dire preannuncio della Pasqua. A Varese e provincia le pasticcerie (e anche molte famiglie) preparano un dolce solo due giorni l’anno, il 5 e il 6 gennaio. Si tratta dei cammelli dolci di pasta sfoglia. Cammelli per ricordare le cavalcature dei Re Magi che, rispetto al passato, ora vengono anche farciti, di crema o di panna, di marmellata o di frutta. Una tradizione che – grazie alla Camera di commercio – si è trasformata in uno dei punti di forza dell’accoglienza turistica della città in questi giorni.

Passando dalla Lombardia al Piemonte, in provincia di Cuneo la Befana ha la sua fugassa d’la Befana, un dolce dall’impasto morbido, tondeggiante, al cui interno un tempo venivano nascoste due fave di diverso colore. A chi capitava la fava chiara toccava pagare la focaccia, a chi capitava la fava scura spettava l’acquisto delle bevande. In alcune zone del Piemonte viene inserita una moneta e chi la trova è predestinato dalla sorte a un anno molto fortunato.

In Liguria per l’Epifania si prepara l’ultima infornata di anicini, un dolce festivo caratterizzato dalla presenza dell’anice a metà tra una focaccia e un biscotto che non prevede l’utilizzo di nessun genere di grassi. Passando dal Nord Ovest al Triveneto proprio alla Befana è dedicata la pinza de la marantega (Befana, in veneziano), un pane dolce arricchito di uvetta, fichi secchi, arancia candita, pinoli, grappa, cotto preferibilmente sotto la cenere dei falò e coperto da foglie di cavolo. Scendendo sotto l’Appennino, in Toscana si preparano a Siena e dintorni i cavallucci, biscotti morbidi lievitati, e tra Lucca e Viareggio i befanini, che prevedono anche la presenza di rhum e sono realizzati in tipiche forme natalizie. In realtà si tratta di dolci diffusi ormai in tutta la regione e che si gustano tutto l’anno.

Dal Tirreno all’Adriatico l’elenco si allunga. Tipiche della zona di Ancona sono le pecorelle, dolcetti di pasta sfoglia farciti di marmellata e frutta secca. In Abruzzo e in Molise da Natale all’Epifania si preparano i pepatelli, il cui nome viene chiaramente da un ingrediente alquanto insolito in un dolce, il pepe nero appunto, ma aggiunto in modica quantità a farina, cacao, miele, mandorle e buccia d’arancia. Scendendo ancora più a Sud tipici dolcetti dell’Epifania (e non solo) pugliesi sono le cartellate baresi e i purcidduzzi salentini. Le prime sono preparate con farina, olio e vino bianco secco. L’impasto viene modellato come una rosa che, una volta fritta, viene farcita con mosto cotto o vin cotto di fichi. Il dolce salentino è in pratica un piccolo gnocco che dopo la frittura viene immerso nel miele caldo.

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