Futurismo a Napoli e in Terra di Lavoro
(Luca Palermo*) – Mettendo a fuoco la presenza del movimento futurista in Campania, bisogna prestare particolare attenzione alle inedite rotte che tale movimento tracciò tra il capoluogo partenopeo e la più periferica e marginale Terra di Lavoro. Cosa accedeva in Campania negli stessi anni in cui il Futurismo muoveva i primi passi in Italia? In realtà l’avanguardia artistica riuscì a penetrare in un tessuto culturale troppo ancora legato alla tradizione ottocentesca quale era quello campano. E ci furono importanti rapporti degli artisti e degli intellettuali di Terra di Lavoro con il movimento teorizzato da Marinetti. Confermano questo gli esiti di una ricerca pluriennale che ha prodotto una inedita tavola parolibera futurista firmata da Sossio Gigliofiorito, intellettuale di Capodrise, e ha riunito tutti i numeri della rivista “Crociere Barbare” edita in Terra di Lavoro..
Il paroliberismo di Gigliofiorito è forse un caso eccezionale, ma resta il fatto significativo della sua presenza in diversi volumi dedicati al futurismo campano e il suo dichiararsi esplicitamente futurista.
Nel 1919, nella sua città natale, Capodrise, Gigliofiorito fonda la rivista “Crociere Barbare”, autodefinita la più viva e la più vibratile rivista di combattimento d’avanguardia italiana, che, con il suo linguaggio battagliero e avventuroso, rivela le prorompenti ansie interiori di tutta una generazione di intellettuali campani e casertani. Pur seguendo una linea futurista, la rivista ha continue oscillazioni di orientamenti e cambiamenti di rotta, anche se, come ha osservato Giovanni Lista “si schiera subito contro gli eccessi del futurismo, contrastando l’esperienza delle parole in libertà”. Nonostante questa affermazione di Lista, basta sfogliare la rivista in questione per rendersi conto che essa partiva comunque da presupposti ideologici affini al futurismo. Nell’editoriale del primo numero dal titolo “Noi Giovani”, Enzo Palmieri esorta al giovanismo e critica aspramente l’accademismo. Nel numero successivo tocca al poeta Jenco chiedere di far largo ai giovani e ad invitare i “vecchi” a farsi da parte. Jenco sostiene anche che il nuovo si sarebbe dovuto rappresentare con la “divina follia” dei futuristi; sullo stesso numero il già citato Palmieri attaccò Croce per la “troppa erudizione che gli impediva di comprendere la vera arte” cosi come avave fatto lo stesso Marinetti tacciandone la sua “monumentalità passatista”.
Nella rivista confluì gran parte del gruppo de “La Diana” e vi scrissero, tra gli altri, Elpidio Jenco, Tristan Tzara, Annunzio Cervi, Raffaele Uccella e Harukiki Shimoi. Il poeta dantista giapponese giunse in Campania nel 1915 e, attraverso il circolo della rivista “La Diana”, stabilisce rapporti sia con il mondo napoletano che con quello di Terra di Lavoro. Frequenta Raffaele Uccella (sul quale dopo la sua morte nel 1920 si scriverà su “Sakurà” la rivista diretta dal giapponese) e, tramite il sammaritano, conosce il musicista Vincenzo Davico che rende in melodia, tra il 1920 e il 1921, i versi del poeta giapponese Akiko Yosani (gli spartiti saranno pubblicati su “Sakurà”), operazione molto apprezzata dallo stesso Marinetti.
* Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” – Sintesi della relazione “Scie futuriste tra Napoli e Terra di Lavoro” tenuta in occasione della Seconda Giornata di Studio sulla Grande Guerra il 23 novembre 2016 presso il Teatro Comunale di Caserta
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