San Giovanni e il numero 24. Tradizioni, alchimia e leggende
Tiziana Barrella -Il 24 giugno, non solo nella tradizione cristiana, è la Festa di San Giovanni Battista, patrono di più di duecento comuni italiani. Tale ricorrenza è cara a molti studiosi delle antiche tradizioni, agli alchimisti, agli amanti della natura, dell’arte e agli appassionati di numeri. Le ore di una giornata sono 24, l’oro puro è 24 carati, nei tarocchi la ventiquattresima carta rappresenta la giustizia e la legge divina, il 24 è il numero atomico del cromo, il 24 in numerologia unifica il significato dei numeri che lo compongono ( 2-4 ) facendo riferimento all’equilibrio nella dualità, alla perfezione assoluta, ma anche alla concretezza. Il due è associato al perdono e alla comprensione, alle due polarità maschili e femminili, alla perseveranza ed alla umiltà. Nel linguaggio dei simboli il quadrato, composto appunto da quattro lati, possono ravvisarsi simbolicamente i quattro punti cardinali, i quattro elementi, i quattro mesi lunari, le quattro stagioni ed in genere la ciclicità della vita. Ma è anche il simbolo della giustizia per i pitagorici, della legge interiore; della stabilizzazione e dell’ancoramento. San Giovanni, amato fin dall’antichità, fu spesso rappresentato in opere artistiche, tra cui di straordinaria bellezza è il dipinto androgino realizzato tra 1510 e il 1515 da Leonardo da Vinci e conservato al Museo del Louvre di Parigi. San Giovanni, noto agli esoteristi come il “San Giovanni d’estate” ( per distinguerlo dal san Giovanni Evangelista d’inverno festeggiato il 27 dicembre) è amatissimo; la sua vocazione profetica ( è l’ultimo profeta dell’Antico Testamento) era già percepita prima ancora della nascita di Cristo poiché ne annunciò la sua venuta. E’ il primo apostolo di Gesù e colui che lo battezzò nel Giordano. La sua nascita, secondo la tradizione, è stata fissata il 24 giugno poiché deve essere celebrata sei mesi prima rispetto a quella tradizionalmente fissata per il Cristo. Per festeggiare il Santo, riti antichissimi propiziatori ed inneggianti al solstizio d’estate venivano realizzati ed alcuni di essi, sono stati tramandati fino ai giorni nostri. Si accendevano falò alimentati con i rami di sette alberi (quercia, frassino, pino, faggio, olmo, ontano, maggiociondolo) poiché si riteneva che la fiamma prodotta potesse in qualche modo, purificare la comunità e ricevere forza interiore e in ogni caso omaggiare il sole, fonte di vita. Ma a San Giovanni si raccoglievano e si raccolgono erbe come l’iperico ( con proprietà antidepressive ed antivirali) e altre erbe officinali; la Guazza di san Giovanni, la rugiada che si posava durante la notte ed a cui erano attribuiti straordinari poteri taumaturgici; le noci con cui si produce il nocino. Con la rugiada si intingeva la verbena, pianta cara alle ninfe, con cui si consacravano le are e le sacerdotesse e con cui le donne che desideravano avere un figlio effettuavano riti propiziatori.
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