San Rufo apre le porte al contemporaneo. Sei artisti incontrano il territorio
Pietro Battarra
– Ci sono luoghi consacrati alla memoria, luoghi di grande fascino che hanno dalla loro parte una storia artistica, monumentale ma anche sociale. Basta camminare per le strette vie di Piedimonte di Casolla, frazione delle colline tifatine della cittΓ di Caserta, per sentire il respiro di un Medioevo per lunghi tratti ancora incontaminato. Le architetture, le corti, le pietre stesse vivono una storia, un gusto estetico raffinato, ma anche una somma di cronache familiari, di vicende umane e popolari, di tradizioni. E tutto avviene a partire dall’imponente palazzo CocozzaΒ di MontanaraΒ e si sviluppa intorno allaΒ chiesa di San Rufo, fino ad arrivare allβabbazia di San Pietro ad Montes, passando per i palazzi Alois, Iannelli e Orfitelli. In questo piccolo nucleo abitato ci sono suggestioni che portano fuori dal tempo, ma che al tempo, ai tempi, si rapportano. Le tracce della contemporaneitΓ sono ovunque, a volte invasive e maldestre, altre volte producono una felice contaminazione.
Su questa lunghezza d’onda hanno ragionato i sei artisti casertani che, rispondendo alla chiamata dellβassociazione Progetto San Rufo, hanno portato i loro segni nel contesto architettonico e nel vissuto del luogo, contaminando felicemente con le loro forme e i loro colori l’austeritΓ delle pietre.
Nell’ambito dellaΒ manifestazione San Rufo Porte aperte,Β Bruno Cristillo, Battista Marello, Livio Marino Atellano, Carmine Posillipo, Enzo Toscano e Paolo Ventriglia sono intervenuti nel contesto medioevale con i loro linguaggi contemporanei ma nel pieno rispetto dell’identitΓ del luogo. Sono loro gliΒ βArtisti che incontrano il territorioβ, lo incontrano, appunto. E da questo incontro nasce un arricchimento reciproco. Attento a facilitare questa letturaΒ il critico e storico di arte contemporanea Luca Palermo, che ha curato e ha presentato lβesposizione.
Come stazioni di un viaggio, il primo lavoro che si incontra, inerpicandosi per quelle strade che portano su fino all’antica Casa Hirta in una sorta di percorso micaelico, Γ¨ la scultura di Battista Marello. La cappella sembra contenere a stento l’esuberanza e la potenza creativa esplosiva di un esodo irrefrenabile e fa da cassa di risonanza, con i suoi decori, alla tensione verticale dell’opera.
Pochi passi piΓΉ avanti e la stanza di ingresso di un palazzo storico accoglie il muro fotografico di Bruno Cristillo. Sono donne e madonne che allattano, le donne sono le mamme di questi tempi, negli atteggiamenti piΓΉ teneri verso il loro bambino, le madonne sono quelle dipinte sulle pareti di chiese di questo territorio, opere pregevoli alcune, altre poco raffinate, ma tutte immagini di una devozione popolare.
Una grande corte ospita i lavori di tre artisti. La prima a venire incontro al viandante Γ¨ una “madre-campana” di Livio Marino Atellano, opera di terracotta, ispirata concettualmente alle matres del Museo di Capua ma anche alla grande madre terra della Campania Felix, simbolo di una perenne maternitΓ . Due passi nel cortile e altre sculture gemelle appaiono, Ma qui l’allestimento si fa piΓΉ complesso, si stratifica come il contesto architettonico in cui vive. Ed ecco allora viaggiare da un punto all’altro dei pilastri i lavori realizzati a quattro mani da Carmine Posillipo e Paolo Ventriglia, con immagini dipinte di quegli stessi luoghi, intersecati da inquietanti figure. E sempre figure, ma di una consistenza evanescente, appaiono dalle superfici realizzate individualmente da Posillipo, come frammenti della visione.
Bisogna spingersi piΓΉ su, in un altro incantevole palazzo, per trovare le tracce della performance di Enzo Toscano. CiΓ² che resta Γ¨ la grande tovaglia che porta impresse le mani dei lettori che si sono alternati in una sorta di racconto e i disegni che si sono generati. La tavola Γ¨ il luogo dell’incontro, ma anche dello scambio dialettico, della conversazione. E sulla tavola resta la memoria di un discorso che si Γ¨ fatto immagine.