Sant’Antonio, quel fuoco purificatore che manda via il demonio
– Sant’Antonio è o’ nemico rò demonio è l’antica litania, di tradizione contadina che, in alcuni territori della provincia di Caserta e del resto della Campania, ancora si recita davanti al fuoco purificatore acceso in onore di Sant’Antonio abate, eremita egiziano vissuto nel III secolo d.C., il cui dies natalis cade il 17 gennaio. I riti e la devozione a lui connessi sono sanciti attraverso diverse tipologie di cerimonie, dalla benedizione degli animali alle invocazioni contro il male, che convergono tutte verso la grande pira infuocata, simbolo di luce, nota come “u’ cipp e’ Sant’Antuono”.
La forza evocatrice che emerge dalla combustione delle cataste di legno rimanda alla potenza divinatoria del santo abate e, pertanto, il fuoco viene lasciato acceso fino a quando non si consumerà del tutto. Come da consuetudine, attorno ad esso si raccoglie l’intera comunità, perché ogni cosa deve bruciare per annullare ciò che è stato, nella speranza che la nuova stagione, la primavera, potrà affermarsi nel pieno della sua vitalità, rinnovando la ciclicità e la fertilità della terra. Fino a qualche tempo fa, era, inoltre, usanza, al termine del falò, raccogliere un po’ di cenere o dei tizzoni spenti per portarli nella propria abitazione, così da prolungare, all’interno del proprio nucleo familiare, il rito di estinzione del male. La dimensione rurale di numerose identità comunali nostrane ha contribuito, nel tempo, alla diffusione del culto di questo santo, tanto da dedicargli processioni, feste o, comunque, particolari ricorrenze, come quelle che si svolgono a Macerata Campania, caratterizzate tutte da un forte sincretismo pagano-cristiano. Anche dal punto di vista figurativo, Sant’Antonio abate ha avuto larga fortuna, venendo raffigurato in molte chiese dell’area casertana e non solo. La sua iconografia ha origine a partire dall’età alto-medievale. Generalmente è raffigurato con abito da eremita ed il bastone a forma di τ, a cui è sospesa una campanella. Ai suoi piedi compare, spesso, il maiale, animale che, nelle culture occidentali, è frequentemente associato a presupposti di tipo superstizioso. Nel medesimo motivo figurativo compare, poi, anche il demonio, simbolo del peccato, che viene sconfitto dal santo. Del XV secolo è, invece, l’invenzione del motivo delle tentazioni di Sant’Antonio, soggetto che ha avuto particolare successo nei paesi del nord Europa. Meno conosciuto è, infine, il tema iconografico dell’incontro tra Sant’Antonio e San Paolo eremita, di cui esiste un’interessante interpretazione ad affresco nella Basilica di Sant’Angelo in Formis presso Capua. Tali immagini sono servite, nel tempo, ai fedeli per rinnovare la richiesta di protezione al santo eremita, considerato patrono dei salumieri, dei canestrai e degli animali domestici. Ancora oggi, Sant’Antonio è invocato contro l’herpes zoster, cioè il “fuoco di Sant’Antonio”; inoltre, è ritenuto dalla chiesa “padre dei monaci”, oltre che una delle più importanti figure dell’ascetismo cristiano di età antica.
Luigi Fusco – Docente di italiano e storia presso gli Istituti Superiori di Secondo Grado, già storico e critico d’arte e guida turistica regione Campania. Giornalista pubblicista e autore di diversi volumi, saggi ed articoli dedicati ai beni culturali, alla storia del territorio campano e alle arti contemporanee. Affascinato dal bello e dal singolare estetico, poiché è dal particolare che si comprende la grandezza di un’opera d’arte
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