La Gran Bretagna dice addio all’Europa
(Samuele Ciambriello) – Londra dice addio all’Europa, ha votato per il referendum il 72% degli aventi diritto, 17 milioni di inglesi hanno detto si. Hanno deciso vogliono il Regno unito fuori dall’Unione Europea.Giorno dell’orgoglio per metà inglesi. Fuori dall’Europa il 52%. I giovani per restare, gli anziani per uscire. E’ un’ulteriore prova di quanto questo referendum abbia spaccato in due il Paese. Le divisioni sono culturali, geografiche, sociali, di livello di istruzione. La frattura più evidente è la frattura di classe. Non sarà facile ricomporre le fratture sociali che si sono create. Burocrazia, immigrazione, diseguaglianze sociali, banche e banchieri, i temi al centro del dibattito. Dio non ha salvato la regina? La pressione politica mediatica internazionale non è bastata. Adesso i mercati finanziari si preparano al peggio. Banchieri,ricchi,capitale finanziario e allibratori hanno fatto a gara per restare in Europa. Gli euroscettici critici erano per rimanere ma con un atteggiamento diverso da avere verso l’Unione europea con la quale il governo inglese aveva recentemente fatto una intesa. Una Europa che si occupasse di più delle persone e meno delle banche.
Quante stupidaggini scritte in queste settimane da economisti ed editorialisti. Quanti allarmi.
La Gran Bretagna fuori dall’Europa rischia di diventare più povera e meno cosmopolita. Ma nessuno a interrogarsi perché lavoratori, poveri e classe operaia erano per l’uscita.
Certo l’Europa sta vivendo una delle sue crisi più grave dal 1945, è stretta tra le minacce del terrorismo internazionale e l’autoritarismo russo, tra una crisi economica sociale senza precedenti e l’arrivo di milioni di immigrati che scappano dai loro Paesi.
Nel weekend la cancelliera Angela Merkel, il presidente francese Francois Hollande, il premier Matteo Renzi e gli altri leader europei dovrebbero intensificare le consultazioni per favorire il raggiungimento al summit europeo di una posizione comune su come procedere in Europa, che si avvia a fronteggiare un trauma a rischio di estensione in altri Paesi membri. Giovedì scorso il premier belga Charles Michel aveva già chiesto un ulteriore vertice dei capi di governo, indipendentemente dall’esito del referendum su Brexit, per affrontare l’evidente sfiducia verso l’Unione europea dimostrata da ampie fasce di cittadini europei. Michel ha evocato il crescente euroscetticismo, che potrebbe consolidarsi, dopo i voti nel Regno Unito e in Spagna, se non verranno attuate azioni di riavvicinamento ai cittadini. «La leadership europea deve farsi carico dell’inclusione sociale e battersi contro le disuguaglianze», ha suggerito il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Nei Palazzi comunitari circolano indiscrezioni su possibili ricambi al vertice come segnale di rinnovamento. Il controverso Juncker, simbolo della «vecchia Europa» sotto accusa, si è affrettato a far smentire le voci su un suo dimissionamento.
In ogni caso serviranno risposte serie agli anti-Ue per evitare che frani il nostro sogno europeo nel silenzio attonito del suo apparato burocratico e monetario. L’isola dagli inscindibili legami con l’Europa ha tradito, è doveroso chiedersi perchèe dare risposte prima che inizi una catena, un effetto a domino tra i populisti di altri Paesi europei.
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