A teatro si scoprono i gusti di una città. Caserta e la “formula tre”
Per paradosso l’immagine più reale di una città è quello che il suo teatro propone. Non c’è nulla di più falso di quello che si mette in scena, ma non c’è nulla di più vero di una comunità che si raccoglie intorno al proprio teatro. La platea non è solo il luogo dove si assiste a eventi spettacolari, ma è anche la piazza degli incontri, delle conversazioni, della frequentazione degli affetti e delle amicizie. L’andare a teatro è sicuramente una scelta culturale, ma è anche un rito sociale e, a volte, perché no, un rito con una punta di sana mondanità. A teatro si va in coppia o in comitiva, si va per discuterne prima e soprattutto dopo. Il post-spettacolo è il momento delle riflessioni, delle analisi, dei giudizi. E un vero rituale prevede che tutto ciò avvenga intorno al tavolo della cena. Ma a Caserta tutto ciò avviene? Per alcuni versi sì, per altri no. Ecco perché questa città non è una città normale, ma è una città incompleta. Gli eventi si susseguono, le cose avvengono, ma in modo sempre frazionato, parziale, non del tutto gratificante.
Da tempo al Teatro Comunale, oggi “Parravano”, il Teatro Pubblico Campano propone la sua stagione, con un chiaro indirizzo generalista. Il Comunale è il teatro della città, ognuno deve trovare nella sua programmazione un pezzo di sé, del proprio modo di pensare, del proprio modo di voler impegnare il tempo. Da ciò ne consegue che la stagione teatrale confezionata dal ferratissimo gruppo di Alfredo Balsamo sia un calendario attento agli spettacoli di qualità, ma anche alle messe in scena più popolari. Deve piacere abbastanza ai casertani amanti della ricerca, ma deve piacere alquanto anche a chi va a teatro solo per divertirsi. E la cosa non è semplice.
La vera novità di quest’anno è l’articolazione della stagione, già abbozzata nello scorso anno, ma da questa stagione ancor più strutturata. Tre i calendari in un’unica programmazione. Ci sono i dieci spettacoli di “Grande Teatro”, quello che deve piacere mediamente a tutti, che comprende i reiterati Vincenzo Salemme, Biagio Izzo o Massimo Ranieri, ma si illumina del “Sogno” shakespeariano con Isa Danieli e Lello Arena, si illumina con “La locandiiera” interpretata da Laura Morante, si illumina con tutto il fascino di Raoul Bova in “Due” con Chiara Francini. In media con la media il tandem Rocco Papaleo e Giovanni Esposito, o “Il sorpasso” con l’altro fascinoso Giuseppe Zeno. Curiosità desta la presenza del “Cuculo” firmato da Alessandro Gassmann, altro uomo di charme, ma non protagonista in scena.
Quattro gli appuntamenti dei “Percorsi Partenopei”, soluzione già sperimentata nella scorsa stagione e ripetuta quest’anno. Protagonisti l’intramontabile Tato Russo, la voce di Maria Nazionale e il talento comico di Carlo Buccirosso. Si affianca un musical firmato da Alessandro Siani.
E ora la vera novità: il “Teatro Civile”. Tre protagonisti assoluti: Moni Ovadia, Carlo Cecchi e Ottavia Piccolo, tre vite spese per il teatro di qualità. Tre appuntamenti singoli.
Il Teatro Pubblico Campano ha così accontentato Caserta, anzi le tre “Caserte” che vanno agli spettacoli. Ognuna è espressione di una città incompleta, ma ognuna ha diritto di cittadinanza. Per una città “frazionata” come Caserta è forse la formula migliore, la “formula tre”.
@beatricecrisci
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