Napoli, ai Magazzini Fotografici quel genio di Sylvia Plachy
(Mario Caldara) – Chissà se il padre, mentre regalava alla figlioletta la sua prima macchina fotografica, avesse previsto tutto questo. Forse aveva visto, prima di ogni altra persona, un talento nascosto che attendeva solo di sbocciare. Forse è stato solo il caso, o, meglio, il destino a voler riportare sui binari giusti una vita sconvolta dall’instabilità della madrepatria. Una giovanissima Sylvia Plachy scappò con la famiglia dall’Ungheria nel ’58, due anni dopo lo scoppio della rivoluzione, causa della fuga. Da allora, la sua vita cambiò, arrivata in quella New York famosa ma così sconosciuta. E, poi, la fotografia, il talento indiscutibile, quel processo interiore che Sylvia intraprese per ritrovare se stessa, come formazione del proprio animo, inserito di colpo in un nuovo contesto. Studiò alla Pratt Institute di New York e si fece notare dal grande fotografo, poi divenuto suo amico, André Kertész. Il suo lavoro è apparso su pagine prestigiose, come quelle del New York Times o del Village Voice e, ora, dopo anni di crescita e consacrazione, che l’hanno resa a tutti gli effetti una delle artiste più influenti del mondo della fotografia e dell’arte in generale, arriva a Napoli.
“Looking back while going forward” non è una semplice esposizione di lavori. L’arte non è mai vuota. Una profonda intimità, attraverso la creatività, pervade un autentico processo di formazione, in cui il linguaggio della fotografia mostra allo spettatore il percorso artistico e personale dell’artista. Volti noti che, dagli anni Settanta a oggi, hanno segnato, ognuno a proprio modo, pagine importanti, si susseguono nella mostra, finora inedita in Italia, curata da Roberta Fuorvia e Yvonne De Rosa presso Magazzini Fotografici, visibile dal 26 ottobre al 21 novembre. Ventinove ritratti, a colori o in b/n, per sguardi teneri, tratti delicati, fascino, inquietudine e vulnerabilità, che sono solo alcuni degli elementi che possono essere individuati in Dario Fo e Franca Rame, o in Giancarlo Giannini, o ancora in Andy Warhol. Che i propri occhi siano esperti o profani dinanzi all’arte, quello su cui si può esser certi è che ciò che si sta guardando è vero, non artificioso e spontaneo. Si sta guardando, in pratica, la nuda anima di Sylvia Plachy.
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