Napoli come casa accogliente, orgoglio senza pregiudizio
(Mario Caldara) – Orgoglio senza pregiudizio. Si porgono le dovute scuse a Jane Austen per questa sfacciata deformazione che rievoca il suo “monumento” scritto, ma, a volte, bisogna guardare al passato per poter analizzare il presente. “Prendere la storia come esempio per non ripetere errori già commessi” è una frase che si sente frequentemente tra i grandi saggi, eppure pare non bastare all’atto pratico. A volte, però, sì. Napoli ha imparato sulla propria pelle cosa vuol dire essere respinti ed essere in un tornado di pregiudizi. E, se i panni della vittima sono così familiari, sarebbe un controsenso, se non addirittura una doppia ingiustizia, indossare quelli del carnefice. Pare scongiurato, per ora, uno scenario del genere ed è bene soffermarsi sull’espressione “Napoli, casa accogliente”. Cosa vuol dire “casa”? Se si va oltre alla sua più classica definizione “fisica”, è lecito pensare che casa sia sinonimo di sicurezza, di protezione, di calore. Welcome refugees. Napoli is your home. Non è un caso che sullo striscione, che i ragazzi del collettivo Insurgencia hanno posto per accogliere i rifugiati, si sia scelto di concludere la frase di benvenuto con la parola “casa”. È come voler dire “Venite! Qui siete al sicuro”, che, allo stato attuale delle cose, è uno dei picchi massimi di umanità che ci si augura di vedere dalla gente. Se poi a questo si aggiungono ingenti quantità di vestiario e di cibo, allora non si può far altro che dire chapeau. Perché Napoli e i napoletani sono così, hanno pregi e difetti, ma dinanzi a chi è in difficoltà, non solo non infieriscono, ma aggiungono un posto a tavola, nonostante siano in condizioni di ristrettezze. Poi, ci sono i rifugiati, che dalla loro vera casa sono costretti ad allontanarsi. Che si presti attenzione a ciò che si è appena detto. Loro sono costretti. Eppure, è opinione diffusa tra molti italiani ed europei (quelli che si definiscono popolo civile, manco fossero gli unici a potersi fregiare di un tale titolo), che loro vengano qui come elefanti, a cacciarci dalle nostre abitazioni, a rubare quello che è nostro o a sottrarci possibilità. Chissà perché, pare la classica cantilena di quei partiti politici volta a creare un nemico inesistente per accecare gli elettori, dirigendo i loro occhi altrove, lontani dalle proprie mancanze. Potrebbe essere questa la sintesi di ciò che è successo a Goro, dove sono state alzate barricate per respingere un numero neanche eccessivo di rifugiati (donne, tra cui una incinta, e bambini). Lì le giustificazioni sono state assai banali e futili. Si è parlato di invasioni, di sporcizia e di quotidianità in città da salvaguardare, per rafforzare la posizione intransigente dei cittadini insorti. Riflettendoci, a Napoli c’è molto traffico, rumori incessanti di martelli pneumatici e un caos generale. Sarà forse che i napoletani sono stati così accoglienti perché già abituati a una quotidianità movimentata? Luigi De Magistris, il sindaco, si è detto orgoglioso di vedere i napoletani accorrere per aiutare i rifugiati, mentre una parte d’Italia si prepara a cacciarli. Ci sarà da essere orgogliosi solo quando tutti si dimostreranno esseri umani sensibili. Welcome refugees, sperando che un giorno i vostri desideri si realizzino, che possiate sentirvi protetti a casa, ovunque scegliate di vivere, senza rischiare di morire.
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