Capodrise. Motus animi a Palazzo delle Arti per cinque artisti
Regina Della Torre -Ci contamini la cultura! In un momento d’ansia generale per il rischio da Coronavirus, dal Palazzo delle Arti di Capodrise arriva un messaggio positivo. L’assessore Luisa D’Angelo conferma per il 7 marzo, alle 18,30 il vernissage della mostra “Motus animi”, curata da Michelangelo Giovinale, in collaborazione con Rosa Bencivenga. Nello spazio di via Giannini, in esposizione, fino al 4 aprile, opere di Marco Abbamondi, Giancarla Frare, Gaetano Lamonaca, Luigi Pagano ed Eliana Petrizzi. «In “Motus animi” – afferma Giovinale – lo spettatore è trascinato nella dinamica delle emozioni, in uno spazio che supera il dualismo interno/esterno e dove la narrazione espositiva conserva un profilo di essenzialità tipico delle tonalità emotive, quali strati profondi dell’umano».
Cinque artisti per cinque sensibilità, inquiete e visionarie, che sperimentano nuovi linguaggi del vedere e del sentire e offrono una chiave ermeneutica per decifrare le cavità più buie della psiche. Cinque artisti per cinque sensi, in un’immersione totale e totalizzante. Cinque artisti per cinque atmosfere, con la possibilità di coglierne infinite, riconciliando la coscienza, interna a noi, e il mondo, intorno a noi. «Del resto – aggiunge Giovinale –, i moti dell’anima, scriverà Martin Heidegger, “sono tessuti atmosferici”, nelle cui trame si muove l’arte, si muove la vita». Forme fluide allo sguardo si addensano sulla tela di Luigi Pagano, eludendo il tempo nel suo verso lineare e circolare.
L’opera si compie attraverso una profonda narcosi creativa. Pagano si nuove come un rabdomante, portando in superficie atmosfere alchemiche di tonalità di blu affioranti dal nero e di luci dischiuse, come squarci nel bianco albedo. Emana una persistente inquietudine la quadreria di Gaetano Lamonaca. Figure come in una sala d’attesa logorate dal tempo; affamate di futuro, ma dominate dal peso del presente, posano in precario equilibrio, nell’incarnato pittorico che a stento trattiene una lenta, corrosiva, emotività. Marco Abbamondi è un puro. La forma poetica del suo linguaggio è pura. Le cromie, pure. Il suo è uno spazio d’introspezione, costruito su una scala di accordi tonali, fra il gioco a parete delle superfici estroflesse e la grande istallazione, al centro della sala, che raccoglie dal Marocco pigmenti di colore blu. Sguardi e paesaggi disciolti in un universo emotivo, che fluttua nello spazio rarefatto di atmosfere intrise di mistero. Eliana Petrizzi riverbera sulle scarne superfici pittoriche le regioni più interiori di corpi e forme. Qualcosa nella luce si discioglie, qualcosa, invece, resta fisso nell’ombra, fra le accese tonalità monocrome, dove sagome affilate e profili esistenziali disegnano i luoghi silenti dell’anima. Frammenti di pietra chiusi in trame fitte di segni di china, dove bianche luci seleniche e ombre nere, come botole profonde, si scontrano in un corpo a corpo sulla superficie rarefatta e essenziale della sua opera. Nell’isolare testimonianze di tempo e di storia, Giancarla Frare ci dice che di noi qualcosa resterà. Poi, c’è la “sua” Gina, un’anziana donna di oltre cent’anni, che in vita aveva perso la memoria, ma recitava, come una nenia, passi della Divina Commedia e dell’Orlando Furioso. La proiezione di un video che la ritrae, realizzato dall’artista, è il varco d’uscita dalla mostra. La foto-manifesto della collettiva è firmata da Sabry Ardore, il graphic design, da Angelo Tartaglione. L’evento è promosso dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Capodrise e co-finanziato dal Poc Campania sulla “Rigenerazione urbana e sulle politiche per il turismo e la cultura”. L’ingresso è gratuito.
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