Il Cavalier Turchino, così si festeggiava il Carnevale a Casolla
– Numerose sono le tradizionali farse carnevalesche che, fino a una quarantina di anni fa, venivano messe in scena nel territorio di Caserta e di cui, purtroppo, in molti casi si è persa la memoria. In particolare, era nelle frazioni tifatine che venivano approntati tali spettacoli, la cui organizzazione e partecipazione era esclusivamente a livello popolare. Del resto, in termini di regia non c’erano singolari pretese, l’importante, però, era che lo spettacolo riuscisse nel migliore dei modi e soprattutto ne fosse rispettata la forma canonica.
Tra queste, c’era l’edizione del Cavalier Turchino, il cui allestimento avveniva, in modo esclusivo, nel borgo di Casolla di Caserta. Questa rappresentazione e le sue passate e fortunate rassegne sono state, fra l’altro, recentemente ricordate dallo scrittore Giuseppe Vozza nella sua ultima pubblicazione dedicata alla storia di Casolla. Tale farsa risulta, però, molto diffusa anche in area beneventana, specialmente nella città di Sant’Agata de’ Goti, così come in alcune zone della Puglia e, secondo recenti studi, sembra che la sua stesura sia avvenuta nel Settecento. Costituita da un testo scritto, di circa 200 strofe con rima baciata mista, venne pubblicata la prima volta, nel 1926, sulla Rivista Storica del Sannio con un chiaro riferimento alle tradizionali manifestazioni popolari del Sannio durante il periodo carnevalesco.
La trama di questa breve commedia è incentrata sul dialogo fra la morte e un cavaliere arrogante e trincerato nei suoi privilegi nobiliari. La rappresentazione teatrale che si svolgeva nella frazione casollese prevedeva la messa in scena nella piazza principale, dove, insieme ai protagonisti dell’opera, comparivano anche altre figure come il prete, il diavolo, il dottore e altri personaggi. Così ha riportato Vozza nel suo ultimo volume: “Questa farsa, nel riproporre l’eterno tema della morte, che come una falce taglia tutte le ricchezze della vita terrena, si intreccia con una visione cristiana della vita, trasmettendo, in tal modo, un recupero delle tradizioni carnevalesche nell’alveo della religione cattolica”.
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