Basilica di San Pietro ad Montes, gioiello romanico sui Tifatini

Basilica di San Pietro ad Montes, gioiello romanico sui Tifatini

Luigi Fusco

– Collocata lungo la strada pedemontana che anticamente collegava Piedimonte di Casolla, borgo medievale del circondario casertano, alla storica Casahirta, si trova la suggestiva Basilica Benedettina di San Pietro ad Montes, le cui origini sono attestate agli inizi del XII secolo. Secondo la tradizione, essa è stata costruita sui resti di un tempio romano dedicato a Giove Tifatino, nume tutelare della catena collinare del Tifata, la cui denominazione, indicante la copiosa presenza di lecci, è di derivazione osca.

Nonostante sia poco conosciuto, il cenobio di San Pietro è tra le più interessanti architetture romaniche presenti in Terra di Lavoro. Sia la sua struttura sia le decorazioni sopravvissute al suo interno risentono fortemente dei modelli compositivi di matrice “desideriana”, cioè riferiti al tipo progettuale e ornamentale inaugurato da Desiderio di Montecassino per l’abazia cassinese, prima, e per la chiesa di Sant’Angelo in Formis, dopo. La facciata è caratterizzata da un portico a tre arcate con resti di pitture datate al XIII secolo. L’accesso alla chiesa avviene attraverso un poderoso portico, composto da lastre in marmo, la cui parte superiore si conclude con un’iscrizione dedicatoria a San Pietro sormontata, poi, da un affresco raffigurante la Madonna in trono con bambino e santi.

Di forma rettangolare è la pianta della basilica; l’interno, privo di transetto e con absidi cieche, è a tre navate suddivise da colonne con capitelli, di cui la maggior parte sono di spoglio, così come altri materiali utilizzati per la costruzione dell’edificio stesso. Sono, inoltre, visibili tracce di dipinti murali realizzati tra il Duecento e il Trecento, mentre sono andate perdute tutte le decorazioni pittoriche del secolo XI, così come è andato disperso l’originario arredo liturgico.

Purtroppo, le sorti di questa basilica non sono state delle più fortunate, poiché, nel tempo, è stata spesso abbandonata a sé stessa, soprattutto dopo l’emanazione delle cosiddette leggi eversive dell’asse ecclesiastico, avvenuta nel 1866.

Nell’ultimo ventennio sono stati effettuati considerevoli interventi di restauro che, oltre a mettere in luce alcuni particolari architettonici e ornamentali riguardanti l’abazia stessa, hanno messo in evidenza anche la monumentalità dell’annesso campanile, le cui forme sono assimilabili a quelle di una classica torre di difesa e, pertanto, non è da escludere che avesse anche funzioni di avvistamento, considerata, inoltre, la singolare posizione in cui si trova.

Docente di italiano e storia presso gli Istituti Superiori di Secondo Grado, già storico e critico d’arte e guida turistica regione Campania. Giornalista pubblicista e autore di diversi volumi, saggi ed articoli dedicati ai beni culturali, alla storia del territorio campano e alle arti contemporanee. Affascinato dal bello e dal singolare estetico, poiché è dal particolare che si comprende la grandezza di un’opera d’arte.

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