Teatro Teanum Sidicinum, capolavoro dell’architettura romana
-In località Grotte, presso il comune di Teano, sono visibili i monumentali resti del Teatro della remota Teanum Sidicinum, la cui originaria costruzione è attestata intorno al II secolo a.C. Sorto in prossimità di un tempio dedicato presumibilmente ad Apollo, divinità protettrice delle arti e della musica, è tuttora considerato fra i più antichi d’Italia. Al tempo dell’imperatore Settimio Severo risalgono, invece, i lavori che ne interessarono l’ampliamento e che contribuirono a dargli un imponente forma architettonica, la cui struttura è, in parte, ancora ben conservata. Della stessa epoca sono anche gli interventi promossi per l’ammodernamento della sua veste decorativa. Venne, poi, ingrandita la cavea, il cui diametro raggiunse gli 85 metri circa, e, soprattutto, venne completamente rielaborata la fabbrica scenica con l’impiego di enormi colonne e trabeazioni, ma anche l’introduzione di diverse sculture marmoree di matrice regale, datate all’età augustea. Nel suo insieme, il teatro aveva un’altezza di 24 metri, la metà di quella dell’Anfiteatro Campano, ed era, inoltre, dotato di tre ingressi.
Proprio durante il periodo imperiale, il teatro venne molto frequentato e sembra anche al di fuori delle manifestazioni sceniche che vi venivano allestite. Difatti, da alcuni graffiti e iscrizioni, presenti in loco, si evince che i sidicini erano soliti gravitare nell’area dell’edificio teatrale e spesso sui suoi muri venivano incisi iscrizioni relative alla vita quotidiana: accordi fra parti, dichiarazioni d’amore o frasi inneggianti i gladiatori.
Nell’anno 346 d.C., il teatro venne danneggiato da un devastante terremoto, i cui effetti comportarono il crollo di una buona porzione della sua struttura. A seguito di quest’evento, con buona probabilità, l’edificio venne abbandonato e dopo qualche tempo vi venne introdotto al suo interno un vero e proprio cantiere edile. Il teatro venne così sottoposto ad una lenta, ma progressiva, spoliazione dei suoi materiali, il cui reimpiego, già all’epoca, risultava essere diversificato: dalla trattazione nelle calcaree per la produzione della malta al loro reimpiego per la costruzione di edifici ex-novo.
Successivamente all’intensa attività di spoliazione, arrestatasi agli inizi del XII secolo, la zona del teatro prese il nome di località Grotte, perché ormai dell’antico edificio erano rimasti visibili solo alcuni deambulatori voltati a botte, la cui forma, appunto, era identificata dagli abitanti del posto come antri bui e pericolosi.
Nonostante tutto, molte testimonianze materiali di questa fabbrica sono sopravvissute e ciò che riguardava la sua compagine decorativa è ora esposto presso il prezioso Museo Archeologico di Teano, insieme a tanti altri reperti provenienti dal resto dell’antico territorio sidicino.
Docente di italiano e storia presso gli Istituti Superiori di Secondo Grado, già storico e critico d’arte e guida turistica regione Campania. Giornalista pubblicista e autore di diversi volumi, saggi ed articoli dedicati ai beni culturali, alla storia del territorio campano e alle arti contemporanee. Affascinato dal bello e dal singolare estetico, poiché è dal particolare che si comprende la grandezza di un’opera d’arte.
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