Sisma 80, un ricordo delle gravi ferite ai monumenti casertani
Luigi Fusco ph Luciano Ferrara
– Oltre i decessi e al di là delle distruzioni che investirono diversi centri urbani dell’Irpinia e del resto della Campania, il terremoto del 23 novembre del 1980 colpì anche innumerevoli edifici monumentali, tra chiese e palazzi storici, il cui ripristino, dopo, non fu certamente dei più semplici. A quarant’anni da questo tragico evento, è possibile tracciare le vicende relative ai danni subiti e agli interventi di restauro che ne seguirono, i cui processi sono poi durati almeno un decennio, salvo casi di irrecuperabilità della struttura stessa o del suo patrimonio di oggetti rari e opere d’arte.
Nella sola Provincia di Caserta, non vi furono beni immobili che riuscirono a non essere intaccati; i danni che li coinvolsero furono di diversa entità, ma al di là della loro consistenza, quasi tutti gli edifici interessati vennero dichiarati inagibili e sottoposti a immediati lavori di ristrutturazione.
A Caserta, presso la Reggia vanvitelliana, furono riscontrate gravi lesioni nelle coperture a tetto, nelle mura laterali riguardanti il Giardino della Flora e in alcune sale degli Appartamenti del Settecento e dell’Ottocento. Danni maggiori vennero riscontrati in varie chiese delle frazioni collinari della città capoluogo; in particolare, nella Chiesa di San Lorenzo martire a Casolla, nella Basilica benedettina di San Pietro ad Montes, con evidenti guasti anche nelle decorazioni ad affresco di età basso-medievale, presso il Complesso Monumentale del Belvedere di San Leucio, dove vennero rinvenuti crolli di alcune parti delle pitture di Hackert nel Bagno di Maria Carolina e nella Cattedrale di Casertavecchia.
Per quanto riguarda il resto della provincia, a Capua, ad esempio, andarono distrutti molti vasi in terracotta esposti al Museo Campano e quasi tutte le chiese del centro vennero dichiarate inagibili. Stessa sorte toccò anche le fabbriche monumentali stanti di Sant’Angelo in Formis, Aversa, Piedimonte Matese, Santa Maria Capua Vetere e in altre località della Terra di Lavoro.
Per avere la mappatura completa di tutte le rovine verificatesi, l’allora Soprintendenza Generale per i Beni Artistici e Architettonici della Campania dovette mettere in campo molte risorse umane, ma tanti contributi giunsero anche da parte di centinaia di giovani volontari professionisti dei beni culturali. Dai rilievi effettuati emerse una nuova topografia, ma anche iconografia, dei monumenti casertani, i cui tratti caratterizzanti erano ormai rappresentati dalle macerie, dalle porte sbarrate e dalle puntellature adottate per evitare ulteriori crolli.
Nel tempo, vennero condotti i lavori di restauro che, pur tra critiche e ritardi, hanno poi consentito di poter godere nuovamente dei luoghi e dei siti storici della provincia.
Oggi, questa triste pagina di un passato abbastanza recente sembra esser stata girata per sempre, ma le ferite ancora restano, specialmente per quegli edifici o quelle opere d’arte che sono stati perduti irrimediabilmente e di cui non è rimasta alcuna traccia.
Luigi Fusco – Docente di italiano e storia presso gli Istituti Superiori di Secondo Grado, già storico e critico d’arte e guida turistica regione Campania. Giornalista pubblicista e autore di diversi volumi, saggi ed articoli dedicati ai beni culturali, alla storia del territorio campano e alle arti contemporanee. Affascinato dal bello e dal singolare estetico, poiché è dal particolare che si comprende la grandezza di un’opera d’arte
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