Terrae Motus, Nogaro: sono io il tutore della collezione
Claudio Sacco
– Non si placa la querelle su Terrae Motus, la più straordinaria collezione tematica sugli anni Ottanta. Fu Lucio Amelio, gallerista napoletano illuminato e geniale, a raccogliere le opere di artisti come Warhol, Haring, Richter, Beuys. Ma anche Paladino, Tatafiore, Fermariello e tanti altri ancora. Lavori che hanno un’unica tematica, gli effetti del sisma sulla mente, sul cuore, sulla vita. L’arte ai suoi massimi livelli ha, dunque, celebrato il disastroso terremoto della Campania del 1980, ma con la consapevolezza che dalla distruzione nasce un nuovo entusiasmo. La voglia di rigenerarsi, l’impegno ad intraprendere nuovi percorsi.
Da diversi anni ormai si fanno sempre più insistenti i tentativi da parte dei familiari di Amelio e di operatori culturali di Napoli di portare via dalla Reggia di Caserta la collezione Terrae Motus per trasferirla in un qualche edificio partenopeo. La motivazione? L’allestimento delle opere non adeguato e l’insufficiente valorizzazione della raccolta. Sulla delicata questione è intervenuto il vescovo emerito di Caserta Raffaele Nogaro in un’ intervista al Mattino realizzata dal giornalista Enzo Battarra. Perché Nogaro? Invero, proprio lui è il tutore di Terrae Motus. Fu infatti il gallerista Amelio ad affidare al presule, come autorità morale, spirituale e culturale della città, il compito di difendere la collocazione nella Reggia di Caserta della eccezionale raccolta di opere.
«Prima di allestire Terrae Motus nel 1994 a Palazzo Reale – racconta al giornalista il presule – Lucio Amelio venne due volte da me in compagnia del soprintendente Gian Marco Jacobitti, e una volta anche da solo. Mi chiesero di firmare un documento che dovrebbe essere ancora custodito nella Reggia di Caserta, in cui garantivo il mio impegno vita natural durante, in modo pubblico, ad assicurare la permanenza di Terrae Motus a Caserta. E ricordo ancora che, proprio quando venne da solo, Amelio mi supplicò di aiutarlo nel tenere la collezione nella Reggia, perché, mi disse, Napoli gli aveva già rubato tutto senza nessuna gratitudine. E in un’altra occasione aggiunse che il suo comportamento non era dettato né da rancori particolari né da vendetta, ma dalla delusione verso la città partenopea».
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