Arte contemporanea, il MAC3 ha ritrovato identità e pubblico
– Ha riaperto il Mac3, il Museo di Arte Contemporanea della Città di Caserta. Ovviamente nel rispetto delle norme anticovid. La ripresa ha inizio dalla propria storia, dalla propria collezione. E questo spiega anche il titolo della mostra “Identità ritrovate”. A curarla Veronica Cimmino e Massimo Sgroi. la riapertura è coincisa con quella di tutti i musei del Sistema Museale Terra di Lavoro.
Le opere esposte sono una parte dell’ingente patrimonio acquisito dal Museo nel corso degli anni. I curatori hanno inteso affiancare a lavori di artisti che hanno fatto la storia del territorio, come Antonio de Core, Andrea Sparaco, Paolo Ventriglia, Livio Marino Atellano, Mimma Russo, quelli delle generazioni successive, da Michele D’Alterio a Pietro Maietta, a Salvatore D’Imperio, a Roberto Pagano Morza, a Carlo de Lucia. Fino ad arrivare alle ultime acquisizioni. Toccante la sequenza di ritratti realizzata da Irene Maltempo, l’artista di Marcianise prematuramente e tragicamente scomparsa proprio nelle scorse settimane.
All’inaugurazione presente l’assessore comunale alla Cultura Luicia Monaco. Le sue parole: “L’anno appena trascorso, segnato profondamente dalla crisi pandemica, è stato difficilissimo. Sospese tutte le attività in presenza, abbiamo cercato con determinazione e ostinazione di mantenere il dialogo con il nostro pubblico. Molto abbiamo lavorato con le scuole, grazie anche a finanziamenti della Regione Campania”.
Questa invece la dichiarazione dei due curatori Veronica Cimmino e Massimo Sgroi: “In uno dei periodi bui della storia dell’umano, quella della pandemia di inizio millennio, le identità, soggettive e collettive, si frantumano aumentando a dismisura le distanze. Ripartire con una collettiva che, attraverso la collezione del Museo di Arte Contemporanea della Città di Caserta, ricostruisce le identità e le storie comuni del territorio ha il senso di riparametrare e restituire alle persone il senso collettivo della ricerca della bellezza; visione legata all’invisibile filo sottile che unisce empaticamente lo spettatore alla visione dell’opera stessa”.
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